Una dimenticata tradizione napoletana; Il caffè sospeso

Il caffè sospeso fu un'usanza  molto condivisa durante e dopo la seconda guerra mondiale a Napoli, ma col tempo venne progressivamente messa all'oscuro. Per solidarietà in un momento critico come la guerra, chi poteva pagava alla cassa il proprio caffè e ne aggiungeva un altro da lasciare in sospeso, destinato a chiunque lo chiedesse. La tradizione partenopea dopo aver conquistato Spagna ed Inghilterra, arriva anche in Francia dopo non poco più di qualche anno (Café en attente). Il «caffè sospeso» fa notizia in Usa: l'articolo, realizzato dal New York Times, riporta la notizia come “semplice atto di generosità". Nell'articolo si legge, “è un piccolo regalo che nessuno dovrebbe perdere” e che negli anni – anche grazie alla “rete del caffè sospeso” diffusa in tutto il mondo – sembra essersi esteso con grande rapidità. Una realtà che non è così diffusa neppure da noi, può essere definita come un gesto sparso. Basti pensare che allo stesso caffè Gabrinus di Napoli promotore dell’usanza, su 1.500 caffè serviti ogni giorno, solo 10 restano sospesi. Possiamo fare di meglio, no? Visto che dal 2008 viviamo ancora una volta un momento di profonda crisi, l’idea è stata ripresa, e si è diffusa più o meno in tutte le città italiane, oltre alle Rete del caffè sospeso, nata nel 2010 per volere di fondatori quali il celebre Caffè Gabrinus di Napoli, anche grazie alla riproposizione di articoli e aneddoti sul tema ad opera di Luciano De Crescenzo (nel volume "Il caffè sospeso", appunto, del 2008), e un po' per l'istituzione di iniziative sul tema come la "Giornata del Caffè Sospeso".  





 “Quando un napoletano è felice per qualche ragione, invece di pagare un solo caffè, quello che berrebbe lui, ne paga due, uno per sé e uno per il cliente che viene dopo. È come offrire un caffè al resto del mondo…” 

  
(Luciano de Crescenzo, “Il caffè sospeso.” )


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